Il concetto di biodiversità è stato definito nell’art. 2 della Convenzione sulla diversità biologica emanata nell’ambito della famosa Conferenza dell’ONU sull’ambiente e lo sviluppo che si è tenuta a Rio de Janeiro nel 1992. Il documento pubblicato definisce che per biodiversità, o diversità biologica, si intende “ogni tipo di variabilità tra gli organismi viventi, compresi, tra gli altri, gli ecosistemi terrestri, marini e altri acquatici e i complessi ecologici di cui essi sono parte; essa comprende la diversità entro specie, tra specie e tra ecosistemi“.
Quindi, non solo è necessaria la presenza di un numero elevato di specie diverse, siano esse vegetali o animali, ma è fondamentale che vi sia biodiversità genetica, biodiversità specifica e biodiversità ecosistemica. La Convenzione, infatti, ha riconosciuto che questi tre ordini gerarchici di diversità biologica sono cruciali per garantire il perpetuarsi dei sistemi viventi.
La diversità genetica indica il tasso di variabilità dei geni all’interno di una singola specie. Se una certa specie fosse composta da individui aventi tutti i geni identici, senza alcuna variabilità che garantisca una certa plasticità biologica, potrebbe non sopravvivere in certe condizioni, come ad esempio in caso di cambiamenti ambientali.
Celebre il caso della farfalla Biston betularia: queste farfalle per la stragrande maggioranza di colore chiaro, hanno visto modificare il loro habitat, nei bacini minerari della Gran Bretagna, a causa dell’uso massiccio del carbone che ha annerito le superfici chiare su cui poggiavano. Le farfalle bianche sulle superfici scure venivano predate con molta più facilità e la popolazione rischiò l’estinzione. Grazie alla variabilità genetica erano però presenti farfalle della stessa specie ma di colore più scuro che avevano minore probabilità di essere predate poiché meno individuabili sulle superfici annerite. Questo fenomeno è noto con il nome di melanismo industriale.
La diversità specifica fa riferimento alla compresenza di specie, che rivestono ruoli differenti, nello stesso ambiente. Il numero di specie presenti fornisce un’immediata valutazione della ricchezza di un habitat ma si tratta di un indice molto semplice che non spiega la complessità di tutto il sistema.
La diversità ecosistemica si riferisce a un livello più alto: ambienti fisici differenziati, gruppi di organismi di ogni genere che interagiscono in maniera complessa, e non sempre del tutto nota, tra di loro. Più un ecosistema è ricco in senso lato, maggiori sono le probabilità di reazione positiva ai cambiamenti, anche importanti, senza che esso venga compromesso.
Ma da cosa dipende la biodiversità nello specifico? E perché si legge spesso che l’Italia è molto ricca in biodiversità rispetto ad altri paesi europei?
L’Italia ha una conformazione molto particolare: si tratta di una penisola che si estende longitudinalmente da Nord-Sud (da 47° 29′ N a 35° 29′ N) in posizione quasi centrale nel Mediterraneo, i suoi ambienti presentano un gradiente altitudinale enorme, infatti si va “da – 4258 m nel punto più profondo del Mar Ionio ai 4810 m s.l.m. sulla cima del Monte Bianco, la vetta più alta d’Europa” (Rondinini et al., 2014). Queste caratteristiche generano una complessità geologica e orografica notevole, con suoli, valli, montagne, fiumi, colline caratterizzati da microclimi diversissimi che permettono l’instaurarsi di ecosistemi molto complessi e variegati.
L’Italia è ricca di specie endemiche, cioè specie che vivono solo in un determinato ambiente e in una certa area geograficamente limitata.
Per esemplificare: “la fauna italiana (marina, terrestre e d’acqua dolce) è stimata in oltre 60.000 specie, di cui circa il 98% costituito da Invertebrati e il rimanente da circa 1.300 specie di Vertebrati. Il phylum più ricco è quello degli Artropodi, con quasi 50.000 specie, in buona parte appartenenti alla classe degli Insetti, in particolare Coleotteri (12.000 specie circa)”.
La Checklist della Fauna Italiana, disponibile online, è un elenco delle specie animali censite nel nostro paese: questo necessita di continui aggiornamenti dovuti sia all’ingresso, spontaneo o causato dall’uomo, di specie non originarie del nostro territorio, sia alla scoperta di nuove specie. Frequentemente vi sono nuove scoperte, soprattutto nel campo degli insetti. A volte però alcune specie devono essere rimosse a causa delle estinzioni locali che sono dovute a diverse cause, tra cui la perturbazione o la distruzione di habitat. Per specie di piccole dimensioni come gli Artropodi e gli Insetti, le estinzioni difficili da accertare rispetto alla fauna di grossa taglia, salvo che non si tratti di specie notoriamente confinate in limitatissimi ambienti che per cause varie, compresi i cambiamenti climatici, sono completamente scomparsi (ad esempio, bacini lacustri isolati in zone montuose appenniniche).
Si tratta quindi di una realtà dinamica, in continuo divenire. Questa notevole ricchezza rappresenta un patrimonio inestimabile ed esige una conservazione oculata ed efficiente sia da parte degli Enti pubblici sia da parte dei singoli cittadini nei loro comportamenti quotidiani.