Le infestazioni di locuste sono difficili da combattere per diverse ragioni: si estendono su zone estremamente ampie e spesso impervie dove è difficile arrivare sia per le condizioni geografiche, ma anche, purtroppo, per le condizioni politiche, poiché alcune sono aree di conflitto.
Un’analisi approfondita sulla natura e sulle cause delle infestazioni di locuste è stata affrontata nella 1° parte: Le invasioni di locuste in Africa: un problema di difficile soluzione – 1° parte (di che cosa si tratta).
è necessario un accurato monitoraggio delle infestazioni su aree molte ampie al fine di essere in grado, appena vengono rilevate, di diramare l’allarme e intervenire tempestivamente per non minare la sicurezza alimentare delle popolazioni delle aree colpite. Gli sciami, diffondendosi attraverso molteplici nazioni, generano problematiche di coordinamento degli interventi tra stati, per cui è necessario dotare ciascun paese di personale locale adeguatamente formato che svolga la propria attività per lungo tempo poiché le infestazioni possono persistere per anni, rendendo necessario l’investimento di ingenti risorse economiche oltre che risorse strutturali che però non sempre sono adeguate.
Questo meccanismo viene spiegato nell’interessante articolo pubblicato su Oggiscienza: gli insetti solitari a un certo punto diventano più numerosi, si trovano insieme in poco spazio e questa vicinanza fisica induce negli individui la produzione di serotonina che spinge gli insetti a formare veri e propri sciami che possono assumere dimensioni notevoli.
Le mutate condizioni climatiche delle aree aride dove questi insetti vivono nella fase solitaria sembrano essere state le cause che hanno portato all’aumento della popolazione di locuste e il conseguente scatenarsi della fase gregaria: dal maggio 2018 al dicembre 2019, quindi per un lungo periodo, in Arabia Saudita, Yemen e Oman si sono susseguiti cicloni con abbondanti piogge che hanno fatto crescere notevolmente la vegetazione, creando di pari passo le condizioni ideali per una riproduzione eccezionale e multi-generazionale di questi insetti, dando vita così a numerosi enormi sciami che si sono diffusi in vaste aree. I cambiamenti climatici quindi sembrano essere fortemente implicati in questa crisi.
La lotta a un fenomeno così vasto e con queste caratteristiche è tutt’altro che semplice. L’utilizzo di insetticidi di sintesi distribuiti su enormi superfici ha notevoli ripercussioni negative sull’ambiente, mentre l’uso del fungo entomopatogeno Metarhizium anisopliae var. acridium permette di colpire le locuste riducendo i danni ambientali collaterali, ma è necessario intervenire sulle forme giovanili ancor prima che diventino sciami incontrollati.
è quindi indispensabile il monitoraggio per intervenire tempestivamente con gli entomopatogeni, per cui sono necessari personale adeguatamente preparato, strutture per la produzione del fungo, mezzi di distribuzione, coordinamento e cooperazione tra stati.
Il problema però non riguarda solo gli stati africani e paesi lontani. Nei mesi scorsi in Sardegna, nella provincia di Nuoro, sono state registrate infestazioni gravi di cavallette dovute ad una specie autoctona, diversa da quella che ha invaso i paesi africani e asiatici: Dociostaurus maroccanus. Responsabile anch’essa di infestazioni piuttosto distruttive come quelle avvenute negli anni ’80 sull’Appenino Tosco-Emiliano (in cui erano in causa però anche o soprattutto locuste del genere Calliptamus). Anche in questo caso l’andamento meteorologico anomalo le favorisce: periodi di siccità alternati a periodi di piogge permettono prima la deposizione di numerosissime uova e poi lo sviluppo della vegetazione per nutrire gli insetti che nascono e permettere loro di moltiplicarsi a dismisura.
In conclusione, si tratta di un problema molto vasto e complesso a cui purtroppo è difficile trovare una soluzione definitiva e che, come in molti altri casi, è coadiuvato dai cambiamenti climatici.