Una metodica nel controllo delle blatte è l’impiego di esche in gel. Oggigiorno tutti i professionisti della disinfestazione conoscono questa soluzione oramai standard, ma solo i più anziani del settore sanno che è un’applicazione recente.
Le prime esche in gel nacquero negli Stati Uniti circa 25 anni fa, paese dove si iniziò subito a farne grande uso e, purtroppo, non in maniera corretta. I PCO di oltre oceano, affascinati dal nuovo sistema (che permetteva loro anche di evitare scomodi trattamenti nelle ore notturne), pensarono che la lotta alle blatte fosse definitivamente facilmente vinta.
I vantaggi delle esche in gel sono molteplici, primo fra tutti il rispetto delle zone sensibili, quali gli ambienti dove c’è presenza di prodotti alimentari, ma anche la duplice azione che permetteva un effetto primario sugli individui che si erano direttamente nutriti del gel e uno secondario legato all’abitudine necrofaga della specie, in particolar modo degli individui giovani. Quindi grande efficacia e facilità di impiego.
Dopo alcuni anni di massicce applicazioni si è però notato un calo di efficacia di questa soluzione nei confronti di Blattella germanica. In un primo tempo si è ipotizzato uno sviluppo di resistenza verso le sostanze attive ma, dopo aver verificato che il problema era generalizzato tra i vari gel disponibili e diversi, nacque la necessità di procedere con nuove prove per capire la vera ragione di questo declino dell’efficacia.
Si è osservato quindi che ci si trovava di fronte ad un cambiamento delle abitudini alimentari delle blatte: alcune popolazioni di Blattella germanica rifiutavano il gel per la presenza di glucosio, normalmente molto appetibile e costituente essenziale delle esche. Un comportamento alimentare che nella pratica risultava svantaggioso (veniva meno una fonte alimentare molto energetica) si è quindi trasformato in un gran vantaggio che garantiva ad alcuni individui, e alla loro progenie, la sopravvivenza. Questo ha comportato la diffusione di ceppi di Blattella germanica non controllabili con le esche in gel (dallo stesso studio è emerso che lo stesso problema non riguardava Periplaneta americana e Blatta orientalis. Oggi, in Europa, non ci sono evidenze di questo fenomeno, noto con il termine anglofono bait adversion, ma l’insegnamento statunitense non ci deve lasciare inerti. Pur sussistendo grandi differenze nell’impiego dei gel tra l’Europa e gli Stati Uniti (in quest’ultimo paese le esche in gel per blatte venivano e vengono utilizzate sempre in sovradosaggio) il rischio esiste anche da noi.
è quindi necessario sviluppare procedure di controllo delle blatte che contemplino una rotazione non solo delle sostanze attive, come si è abituati a fare, ma anche della tipologia di formulato impiegato. Un concetto da fare proprio e rispettare da parte di ogni professionista è quello che un prodotto non è composto solo da sostanza attiva ma anche da tutte le altre sostanze in esso presenti. Quindi sia l’utilizzo a rotazione tra diverse (per composizione e per sostanza attiva) esche in gel, sia l’utilizzo a rotazione con formulazioni diverse (specie le polveri) diventa la strategia da adottare affinchè si riduca la probabilità che le blatte si adattino e sopravvivano a una tipologia di formulato utilizzato come unica soluzione.