Nell’estate 2017 le autorità belghe hanno trovato residui di fipronil in alcune partite di uova. Da qui è scaturito il ritiro dal mercato di milioni di uova. L’indagine è stata estesa in altri Paesi dell’Unione Europea. I prodotti che superavano i limiti di legge provenivano da otto Stati membri: Paesi Bassi, Italia, Germania, Polonia, Ungheria, Francia, Slovenia e Grecia (https://www.efsa.europa.eu/it/press/news/180503).
Il fipronil è una molecola della famiglia chimica dei fenilpirazoli che, viene spesso utilizzata negli allevamenti avicoli, senza esserne autorizzata, per il controllo delle infestazioni di Dermanyssus gallinae, l’acaro rosso dei polli.
L’abitudine a impiegare il Fipronil in tali ambiti deve far pensare a questo episodio non come un semplice incidente ma a qualcosa su cui ragionare con grande attenzione.
Studiosi del Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Bari e di Foggia in collaborazione con i colleghi dell’Università di Zagabria e Tirana hanno presentato a Napoli al Congresso Europeo di Entomologia del luglio 2018 una comunicazione dal titolo “lo scandalo fipronil e la lezione imparata” in cui vengono esposte alcune considerazioni interessanti.
La prima riguarda l’inconsapevolezza degli operatori responsabili dell’uso di questa molecola tossica circa il suo profilo tossicologico nei riguardi dell’uomo, degli animali e dell’ambiente. La persistenza della molecola può infatti determinare una presenza di residui nelle uova e nelle carni degli animali che, seguendo la catena alimentare, possono poi arrivare all’uomo.
Un tale impiego, oltre ad avere un impatto negativo sulla salute e sull’ambiente, è anche motivo di contraccolpi economici nel settore avicolo, con perdite anche importanti a causa della caduta di fiducia da parte dei consumatori.
Il secondo aspetto importante da considerare è che però l’allevatore è spesso lasciato solo ad affrontare il difficile problema dell’infestazione di D. gallinae. Emerge qui la questione del limitato numero di molecole autorizzate per questo tipo di infestazioni che rende complicata la lotta, tanto da non riuscire a risolvere il problema e che spesso questi parassiti sviluppano resistenze alle molecole comunemente usate.
Pertanto, emerge chiaramente come l’approccio basato esclusivamente nell’uso di molecole chimiche per la risoluzione di infestazioni complesse non sia la scelta migliore e che tali problematiche debbano essere affrontate con un approccio integrato in cui gli operatori, siano essi direttamente gli allevatori o i tecnici che prestano i servizi di disinfestazione, come anche veterinari, industrie farmaceutiche e produttori di attrezzature devono lavorare in sinergia e competenza.
Anche in questo caso vale il binomio problemi complessi – soluzioni complesse.