Il problema di insetti infestanti negli allevamenti è molto diffuso e richiede un approccio attento per poter essere gestito.
La maggior parte delle specie di insetti rinvenibili negli allevamenti appartiene ai Ditteri Brachiceri e, a seconda dell’andamento stagionale, la presenza comincia a essere rilevata a partire dal mese di aprile fino al mese di ottobre, con picchi di presenze nei mesi estivi quando la temperatura è più elevata.
Il ciclo biologico delle mosche, pur con differenze a seconda delle specie, presuppone l’infestazione di spazi differenti dell’allevamento a seconda dello stadio di sviluppo: le uova vengono deposte nel letame fresco, le larve vivono e si nutrono a spese delle deiezioni degli animali, i pupari vengono di solito rinvenuti in gran numero nel perimetro delle lettiere, nelle letamaie, sotto al grigliato e nelle gabbiette per i vitelli, nei punti più asciutti.
A seconda di queste caratteristiche, la gestione dell’allevamento influisce sulla presenza delle mosche. Allevamenti in cui vi è l’assenza del grigliato e gli allevamenti di animali da ingrasso dove non sono presenti gabbiette per vitelli, per esempio, presentano minori aree dove le mosche si possono sviluppare indisturbate. Anche la frequenza della rimozione della lettiera permanente e l’accuratezza con cui questa viene rimossa influiscono sulle infestazioni dei ditteri, così come la pulizia delle gabbiette per vitelli.
I livelli di infestazione e la prevalenza di alcune specie rispetto ad altre dipende anche dalla collocazione altitudinale dell’allevamento stesso, con differenze tra allevamenti di pianura e di collina-montagna. Oltre a ciò, influiscono anche le dimensioni dell’allevamento e quindi il numero di animali allevati, la presenza di altre specie allevate in aziende limitrofe o altre attività che trattano materiali attrattivi per le mosche, come gli impianti di gestione dei rifiuti.
Le mosche che infestano questi allevamenti possono essere divise in due gruppi: mosche lambitrici e mosche pungitrici.
Le mosche lambitrici si nutrono dei liquidi che gli animali emettono come le lacrime e la saliva; sono dotate di un apparato boccale in grado di lambire e di suggere questi liquidi ma non sono in grado di pungere. Le mosche pungitrici invece hanno un apparato boccale adatto a pungere la pelle degli animali per succhiarne il sangue necessario come fonte di proteine per la maturazione delle uova. Infatti, sono gli esemplari femmina quelli che pungono.
In entrambi i casi gli animali allevati sono fortemente disturbati dalla loro presenza e questo causa una diminuzione consistente della produzione. Per questo motivo è necessario predisporre adeguati piani di gestione di questi infestanti.
Le mosche lambitrici, come ad esempio Musca autumnalis, sono attratte dal muco e dalle secrezioni intorno agli occhi dell’animale. Quando è presente un numero molto elevato di mosche che infastidiscono l’animale nutrendosi delle sue secrezioni, l’animale reagisce emettendo ancora maggiori quantità di scoli congiuntivali che attraggono sempre più mosche. Anche la saliva degli animali gioca un ruolo importante: in un allevamento è molto facile vedere nugoli di mosche appoggiate su superfici dove gli animali hanno lasciato la loro saliva durante l’attività di alimentazione.
La localizzazione dell’ospite (in questo caso il bovino) da parte delle mosche (siano lambitrici o pungitrici) avviene attraverso una complessa combinazione di segnali olfattivi e visivi, modulati da segnali fisici ambientali, come la temperatura e l’umidità, ma interferisce anche l’odore di fondo e l’ora del giorno.
Tutti gli animali emettono dei composti organici volatili (noti con la sigla VOCs, dall’inglese Volatile Organic Compounds) che vanno a costituire la complessa miscela presente in un allevamento e che le mosche percepiscono perfettamente attraverso i loro sensilli specializzati.
In un allevamento, questi composti derivano da due fonti principali:
- dal metabolismo degli animali e dai loro escrementi;
- dai mangimi, dalle lettiere e dalle coltivazioni nei campi circostanti.
Gli studi su questo tipo di composti porteranno a nuove conoscenze che potrebbero essere utili per la messa a punto di attrattivi da impiegare in trappole specifiche ed efficienti.