La nutria, Myocastor coypus, chiamata comunemente castorino, è un mammifero roditore originario del Sud America e introdotto in Europa a scopo commerciale principalmente per la sua pelliccia. Negli anni la specie si è naturalizzata in tutta Italia e non solo.
Si tratta di un animale del peso di 10 kg al massimo, con il corpo ricoperto di pelliccia. Il maschio è solitario mentre le femmine vivono in piccoli gruppi in prossimità di corpi di acqua dolce; questa specie presenta attività notturna, anche se non è raro vedere esemplari durante il giorno. Negli ultimi anni alcune colonie si sono spinte anche lungo i torrenti in collina.
Le femmine scavano una rete di cunicoli e camere negli argini e nei terrapieni. Sono in grado di sfruttare tane di altri animali. Si nutrono di radici, tuberi, rizomi di piante spontanee e coltivate, cannucce di palude ecc.
La nutria nel suo habitat naturale ha numerosi predatori ma in Italia, pur essendo cacciata, per esempio, dal cane e dalla volpe, non viene in pratica tenuta sotto controllo. La specie ha un alto tasso riproduttivo, è invasiva ed è stata inserita dall’IUCN (International Union for Conservation of Nature) tra le 100 specie esotiche a maggiore minaccia per la biodiversità in tutto il mondo.
Negli ultimi anni la nutria ha destato e continua a destare particolari preoccupazioni poiché le popolazioni sono notevolmente aumentate, soprattutto nella Pianura Padana.
I danni legati alla presenza della nutria sono molteplici: in primo luogo ne fanno le spese gli habitat acquatici che, quando la popolazione è molto numerosa, vedono le piante acquatiche sfruttate con la conseguenza di una notevole frammentazione della vegetazione dell’area umida. Questo si ripercuote su tutta la catena alimentare incidendo anche sui luoghi di riproduzione e riposo di diverse specie. La nutria non preda uova di uccelli acquatici, ma poiché utilizza le loro piattaforme per riposo e pulizia, rompe o fa affondare le uova deposte. Nelle aree umide protette, dove spesso l’ecosistema è già fragile, la presenza della nutria peggiora la situazione.
A differenza di quanto avviene nei paesi di origine, dove la dieta della nutria è composta solo da piante acquatiche, nei nostri ambienti la specie si è adattata a nutrirsi anche di piante coltivate come cereali (riso, mais), girasole, barbabietola da zucchero e orticole come carote e cicoria. I campi adiacenti ai corpi d’acqua naturali o di irrigazione sono oggetto di “pascolamento” continuo.
Anche i cunicoli scavati dalle femmine a ridosso degli argini creano danni, in quanto destabilizzano il terreno con conseguenze negative sul contenimento delle acque.
Non solo i danni diretti sono cospicui ma la nutria può rappresentare un serbatoio per la fasciolosi, malattia causata da un verme parassita dei condotti biliari che colpisce i ruminanti, gli equini, raramente i maiali e accidentalmente anche l’uomo. Inoltre la specie può trasmettere la leptospirosi e la febbre dei conigli.
La presenza di consistenti popolazioni di nutrie anche in zone limitrofe ai centri abitati è mal tollerata per le interazioni con gli animali da compagnia e il rischio di trasmissione di malattie. Gli allevatori, soprattutto di bovini, temono la presenza delle nutrie nei campi poiché si sono verificati casi in cui, occasionalmente, mediante la raccolta meccanica del foraggio sono state inglobate carcasse di nutrie. Il pericolo è determinato sia dalla possibilità di trasmissione di malattie sia anche da eventuali problemi di ordine normativo poiché in questo caso gli alimenti risultano contaminati da farine di carne, illegali nell’alimentazione dei bovini.
Nel 2014, con la Legge 116 dell’11 agosto, la nutria è stata esclusa dalla gestione della fauna prevista dalla legge 157 dell’11 febbraio 1992, ed è equiparata di fatto a ratti e topi; in tal modo ne sono permessi, in qualità di specie alloctona anche se naturalizzata, il controllo e l’eradicazione.
In questa nuova situazione, come indicato dalla legge 116 che delega ai Sindaci la competenza del coordinamento, il controllo deve essere effettuato su larga scala, coinvolgendo i vari operatori ed enti interessati e, come messo più volte in evidenza da ricerche, seguendo un piano ben impostato, pena il fallimento degli sforzi. In ultimo, bisogna tener presente che, per il controllo della nutria, è espressamente vietato fare ricorso a esche rodenticide o comunque contenenti veleno.